Trattamenti sistemici con pazienti dipendenti: elaborare la perdita per riscoprire un’appartenenza che garantisca lo svincolo

Dott. Livraghi - Psicologo e Psicoterapeuta Arezzo

Trattamenti sistemici con pazienti dipendenti: elaborare la perdita per riscoprire un’appartenenza che garantisca lo svincolo

Trattamenti sistemici con pazienti dipendenti

Perdita riferita agli affetti, al proprio valore e dignità, a ciò che nel proprio nucleo si ritiene di non aver mai avuto…spesso non è avvenuto uno svincolo ma solo un maldestro tentativo di separazione attuato attraverso uno strappo emotivo, elaborare questo lutto consente di ritrovare la propria appartenenza, le proprie radici … solo attraverso questo passaggio può garantirsi un reale e sano svincolo da attuarsi attivando sinergicamente le risorse del nucleo di riferimento; il sistema familiare è coinvolto in questo processo in quanto il sintomo rappresenta solo la punta di un iceberg in cui convergono i malesseri dei singoli, spesso coperti o soffocati dall’emergenza espressa dal paziente designato, il quale nei suoi conflitti interiori e nella sua trasgressione, è solo il portavoce del grido di dolore della famiglia.

Maria ha 26 anni ed usa cocaina dall’età di 19 anni, è una ragazza molto attraente, la sua famiglia, di ceto medio alto, è molto conosciuta nel territorio di residenza. Lei è l’ultimogenita di una coppia che ha attraversato una crisi coniugale profonda, quando lei era appena adolescente, ha due fratelli maggiori, rispettivamente di 4 e 7 anni.

Maria viene inviata da uno psichiatra del dipartimento di salute mentale che la seguiva privatamente, per degli attacchi di panico e dopo essere stata respinta da una psicologa privata.

Dopo un’iniziale raccolta dati, si avviano due percorsi condotti da due differenti colleghi, un percorso individuale con Maria e un percorso con la coppia genitoriale. Il lavoro con la portatrice del sintomo, mirava inizialmente a rafforzare la sua motivazione al cambiamento e a sostenerla durante le crisi preventivate. Il percorso con il sistema genitoriale tendeva a fornire indicazioni pratiche sulla gestione del problema, implicitamente offriva sostegno e metteva in panchina i fratelli, tanto provati o meglio troppo a lungo triangolati nella vicenda.

Come spesso accade il sintomo scomparve nel giro di poche settimane e dal lavoro sulla gestione del creving, fu possibile lavorare sul significato e sulla funzione che la tossicodipendenza aveva assunto all’interno del sistema di riferimento.

Si ricostruì un vissuto di perdita e un maldestro tentativo di svincolo in cui la sostanza aveva illusoriamente aiutato a divincolarsi da schemi e attese prestabilite.

Dopo il trattamento dell’emergenza e con il rifiorire di Maria, molti altri nodi vennero al pettine, tanto da divenire consapevoli della necessità di un coinvolgimento differente di tutto il sistema familiare.

Dalla condivisione e a seguito di un’analisi del caso, si decise di avviare un percorso di psicoterapia familiare, inizialmente lavorai con il sistema al completo, decentrando Maria dall’attribuzione che tutti avevano di lei come fonte di malessere e preoccupazione, unico argomento comune e fonte di recriminazioni, per giungere a dare voce al disagio personale dei singoli membri del sistema.

Tutti i figli, che tra loro non avevano rapporti se non in relazione alla tossicodipendenza di Maria, avevano tentato fallimentari e dolorose vie che potessero condurli ad una separazione dal nucleo di appartenenza, verso il quale con impeti diversi avevano molto da rivendicare; ognuno di loro, inclusi i genitori, avevano tentato dei percorsi psicoterapeutici individuali, in tempi e modalità differenti, ma nessuno aveva mai proposto loro, né tantomeno avevano considerato l’opportunità di un intervento familiare, che sin dal principio fu accolto, pur col le loro resistenze, con molta speranza e convinzione.

Attraverso il genogramma trigenerazionale della coppia si riconobbe il contratto coniugale e si tracciarono le fondamenta dell’appartenenza del nucleo, identificando il modello fondatore del sistema e delineando molte più somiglianze che divergenze tra i membri costituenti il sistema.

Ogni membro aveva nella sua storia dei lutti da elaborare, talvolta si concretizzavano con un mancato riconoscimento del proprio operato, con il percepirsi diverso dalle aspettative proprie e altrui, con la convinzione della non accettazione delle proprie scelte di vita, o per dolorose rinunce affrontate. Si lavorò su questo terreno comune condividendo i malesseri dei singoli e attivando le risorse del nucleo sulla base degli intenti comuni.

Con il procedere della psicoterapia tutti si dichiararono in una nuova stagione, con la ferma convinzione di non essere più soli e di poter reciprocamente alleviare le proprie sofferenze, rinunciando a lotte impari e fallimentari.

Dopo questa prima fase la psicoterapia proseguì lavorando sui sottosistemi: la coppia e la fratria lavorando separatamente sui conflitti manifestati e riferiti.

Attraverso questo lavoro ogni membro trovò la collocazione più idonea al proprio ciclo di vita e sviluppò migliore capacità empatica e comunicativa all’interno del sistema di riferimento.

Il sintomo di Maria, un tempo tanto funzionale al sistema di appartenenza, non aveva più ragione di manifestarsi per assumere il ruolo di collante di un mondo frammentato, questo contesto stava ed era sostanzialmente cambiato!

La felicità più bella è quella condivisa…
(Jacqurs Deville)

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